Il restauro di un organo storico rappresenta un caso particolare nell'ambito della disciplina del restauro, in quanto alle esigenze di conservazione dell'integrità del manufatto (comuni alle altre categorie di beni culturali) si aggiungono quelle di ripristino della funzionalità sonora.
La disciplina è resa inoltre più complessa dalla presenza quasi costante di stratificazioni storiche, per cui uno strumento di costruzione antica presenta al suo interno elementi più recenti la cui importanza deve essere valutata caso per caso. Un progetto di restauro comporta la valutazione di tutte queste variabili.
Le operazioni sono improntate alla massima reversibilità e leggibilità; ogni intervento è corredato di fotografie, relazione di restauro, tabelle con le misure delle canne al fine di garantire il massimo di informazioni possibile sullo stato antecedente all'intervento, sugli interventi effettuati e sulle caratteristiche organologiche del manufatto.
Un mantice a cuneo dopo l'impellatura delle singole stecche, prima della chiusura finale: per questa fase del restauro vengono utilizzate pelli a concia naturale (allume di rocca) secondo metodi tradizionali.
Per le pieghe convesse vengono utilizzate strisce di pelle di montone, per quelle concave strisce di pergamena, sulla base delle tracce riscontrate.
Integrazione su una canna di facciata dell'organo della Chiesa di Santa Chiara a Tricarico (MT), pesantemente attaccata da fenomeni ossidativi dello stagno: la sostituzione con lastra nuova è limitata alla sola porzione compromessa, per mantenere quanto più possibile delle parti originali.
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Integrazione sulla tastiera dell'organo della Chiesa Madre di Montalbano Jonico (MT): le parti mancanti sono state ricostruite con materiali omogenei (legno di bosso ed ebano).
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La tavola delle catenacciature dell'organo della Chiesa di San Domenico a Molfetta: il legno, seriamente tarlato, è stato consolidato con araldite, resina epossidica dalle caratteristiche fisiche simili al legno.
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